Sta facendo discutere il caso del lavoratore che ha perso il posto per un robot che ha sostituito le sue mansioni, e denunciato da Repubblica. E ancora più dissenso ha provocato il fatto che al lavoratore, mancherebbero appeno 4 anni alla pensione, dopo 30 anni di onorato servizio nella stessa azienda.
L’episodio non può che far accendere di nuovo i riflettori su robotica e occupazione, un tema poco trattato dalla politica, ma che l’economia conosce bene.
Il caso specifico e il futuro del lavoro
Sono molti gli analisti che hanno già lanciato l’allarme. Nei prossimi due decenni si potrebbero perdere centinaia di milioni di posti di lavoro a causa dell’innovazione tecnologica. I robot nell’industria sono già una realtà, e in Cina è stata aperta la prima fabbrica totalmente automatizzata.
Ma anche il settore dei servizi è a rischio, con l’avvento dell’intelligenza artificiale. Sono infatti già operativi i robot segretario, il giornalista e quello avvocato.
I ricercatori pensano di poter sostituire, nei prossimi anni, moltissime posizioni lavorative “da ufficio”. Il robot avvocato è già una realtà in America e nel Regno Unito, così come il giornalista software. Moltissime piattaforme lo userebbero già per gli articoli più semplici.
Così, il caso dell’operaio 61enne di Melzo, in provincia di Milano, ha riacceso i riflettori sulla problematica sociale della tecnologia che sostituisce l’uomo. L’azienda di taniche e contenitori lo ha licenziato dopo 30 anni, perché ha acquistato una macchina in grado di svolgere la sua mansione, così come scritto sulla lettera di licenziamento pubblicata sul noto quotidiano.
L’operaio diventa così inutile, e nulla vale il fatto che fosse prossimo alla pensione, e lo si poteva far lavorare gli ultimi quattro anni.
Ma se verremo tutti licenziati, chi comprerà le merci prodotte dalle macchine?