La Flat Tax, la “tassa piatta”, è oramai nel programma del nuovo governo, che vorrebbe applicarla a tutti i redditi. Nome curioso, per un’imposta ad un’unica aliquota, che viene oggi applicata solo nei paesi emergenti dell’est. In Occidente invece, non è mai stata applicata, nonostante non mancassero premier liberisti, cultori del libero mercato. Ci pensarono Regan, la Thatcher e Berlusconi, ma poi non se ne fece nulla.
Cosa comporta la Flat Tax
Il motivo per cui la Flat Tax sia stata applicata solo all’est, e mai all’ovest, sembra abbastanza semplice. Nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica, vi è una tassazione giovane, con regimi fiscali mai applicati prima. Risulta un sistema più semplice, specialmente se si vuol far decollare un’economia di mercato e creare nuovi ricchi che trainino la crescita e la nascita delle aziende.
All’ovest non solo non vi è questa necessità, ma la Flat Tax impone comunque una disparità tra ricco e povero. Il fondamento è molto semplice, e facilmente intuibile. Per il povero, una tassazione del 20% incide molto di più che per il ricco.
Il povero deve spendere tutto il suo salario per mantenersi, mentre per il ricco, la maggio parte delle entrate può essere superflua. Chiaramente, in Occidente, si punta sul fatto che quel “superfluo” venga reinvestito in attività redditizie, che creino occupazione.
Il problema è che, a differenza dei paesi emergenti dove ci sono mercati vergini, quello occidentale è invece super-inflazionato, e non è detto che vi siano sbocchi dove investire.