Non solo lo spread dei Btp decennali dovrebbe iniziare a far preoccupare, ma anche quello dei titoli a due anni, che potrebbe portare al credit crunch. Una tegola che potrebbe abbattersi sull’economia italiana, a causa del rifinanziamento a breve termine delle banche.
Il dibattito, assente sui media, ma sottotraccia nella stampa finanziaria specializzata, sta diventando urgente con la crisi dello spread italiano.
La fine dei QE e lo spread a breve termine
Da tempo si parla di sofferenza da parte delle banche italiane, quando la BCE interromperà il programma dei QE e dei tassi bassi. Ma l’allarme era stato più volte rinviato, vista la propensione di Mario Draghi a prolungare questi programmi.
Il termine ultimo era stato annotato tra 18 mesi, quando l’italiano dovrà lasciare il posto ad un tedesco.
Ma oggi, con lo spread dei titoli a due anni arrivato sopra quota 300 punti, torna l’allarme per il sistema bancario italiano e il rischio di credit crunch.
Non vi è certezza, chiaramente, ma uno spread a breve così alto potrebbe portare dei rischi seri. Le banche hanno certamente altre possibilità di finanziarsi, dalla raccolta, alla banca centrale, fino all’erogazione del credito bilanciato.
Ma il rifinanziamento sul mercato, regolato dallo spread, è certamente uno dei principali. E proprio lo spread a breve dei titoli a due anni potrebbe costringere le banche a spendere molto di più nell’erogazione del credito. La conseguenza sarà limitarlo.
Serviranno chiaramente altri fattori concomitanti, affinché lo spettro del credit crunch si abbatta sull’Italia, ma l’eventualità dovrà essere presa in considerazione, nell’analisi degli scenari economici futuri.